I tre errori più comuni dei piccoli investitori

I tre errori più comuni dei piccoli investitori

Uno dei campi più interessanti della finanza accademica è quello che studia il comportamento degli investitori. Grazie a dati incredibilmente dettagliati provenienti dagli Stati Uniti, dai paesi nordici e dall’Asia, molti studiosi negli ultimi vent’anni hanno cercato di capire come i piccoli risparmiatori investano i propri risparmi. In questo articolo, andiamo a vedere i tre errori più comuni commessi dagli investitori retail.

Errore numero 1: non diversificare il proprio portafoglio

Possedere un numero sufficiente di asset diversi consente di ridurre significativamente il livello di rischio del proprio portafoglio. Questo processo prende il nome di “diversificazione” e ricopre un ruolo fondamentale nel mondo della finanza.

Purtroppo, come mostrato ad esempio da Goetzmann e Kumar (2008), molti investitori statunitensi detengono portafogli sotto-diversificati. In particolare, questo avviene tra gli investitori più giovani, a basso reddito e meno istruiti. Inoltre, questi risparmiatori investono soprattutto in titoli con una volatilità elevata. Come prevedibile, la sotto-diversificazione ha effetti negativi per la maggior parte degli investitori.

Uno dei modi più efficienti per diversificare il proprio portafoglio è quello di investire in ETF, cioè in fondi che hanno costi relativamente bassi e rendimenti legati a un paniere di titoli che compongono un determinato indice azionario.

Errore numero 2: fare troppo trading

Un altro errore molto comune fra i piccoli investitori è quello di fare troppo trading. Ogni giorno, moltissime azioni vengono scambiate sui mercati finanziari di tutto il mondo. Gli algoritmi di trading hanno contribuito significativamente alla crescita di questi volumi, in particolare negli ultimi vent’anni.

Ma mentre questi algoritmi di high-frequency trading consentono a grandi operatori, come Morgan Stanley e Goldman Sachs, di ottenere enormi profitti, comprare e vendere strumenti finanziari ogni giorno non è una grande idea per la maggior parte degli investitori retail.

Come mostrato da Barber ed Odean (2002), il trading è pericoloso per la ricchezza dei risparmiatori. Infatti, coloro che comprano e vendono azioni in modo più frequente ottengono rendimenti più bassi e pagano, in media, molti più costi di transazione.

Errore numero 3: il “disposition effect”

Uno dei consigli più frequenti dati dalle guide per investire in azioni è quello di chiudere le posizioni in perdita e lasciare aperte quelle che stanno guadagnando. In particolare, non chiudere le proprie posizioni vincenti è uno dei segreti per avere successo nei mercati finanziari. Immaginate di aver avuto la lungimiranza di investire in Tesla o in Bitcoin alcuni anni fa: chiudere rapidamente queste posizioni per realizzare un profitto, invece di continuare a tenerle aperte, vi avrebbe sicuramente causato dei grossi rimorsi, dato che il loro valore è continuato a salire in modo vertiginoso per quasi un decennio.

Nel mondo reale, però, molti piccoli risparmiatori sembrano avere difficoltà a seguire questo consiglio. Gli investitori retail tendono a vendere rapidamente le azioni che si sono apprezzate rispetto al prezzo di acquisto e tengono a lungo le azioni perdenti. Gli economisti finanziari usano il termine “disposition effect” per descrivere questa tendenza.

Come riportato da Kaustia (2010), il “disposition effect” caratterizza il comportamento di quasi tutti coloro che partecipano al mercato azionario. Non si conoscono esattamente le cause di questo fenomeno, ma è sicuramente dannoso per gli investitori.