Come scegliere un broker: regime amministrato, dichiarativo o gestito?

Come scegliere un broker: regime amministrato, dichiarativo o gestito?

Con l’avvento di internet e l’ingresso della tecnologia in ogni casa, l’offerta di prodotti finanziari per piccoli investitori è aumentata vertiginosamente. Questo è evidente, ad esempio, se pensiamo al numero di pubblicità di vari broker finanziari a cui siamo esposti ogni giorno, magari su YouTube o Facebook.

Chiaramente, ogni broker è differente e vi sono moltissimi aspetti da considerare prima di aprire un conto. I costi diretti di transazione sono spesso i più evidenti per un utente inesperto: è facile capire se comprare azioni costa €1 o €10. Eppure, vi sono molti altri modi in cui un broker può costare tempo e denaro.

In questo articolo, approfondiremo una piccola caratteristica che può costare molto tempo e probabilmente anche un po’ di denaro: come dichiarare al fisco i proventi derivanti dalle proprie attività di investimento. In Italia vi sono tre diversi regimi fiscali: il regime amministrato, quello dichiarativo e il regime gestito. Andiamo a vederli nel dettaglio.

Il regime amministrato

Il regime amministrato consente al proprio broker di agire come sostituto d’imposta: questo vuol dire che il broker si fa carico di tutte le questioni fiscali, dal calcolo delle imposte dovute, al loro versamento, fino alle comunicazioni con il fisco. L’investitore non deve, quindi, occuparsi direttamente di nessuno degli aspetti riguardanti la tassazione.

La tassazione degli investimenti è una materia tanto importante quanto complessa. In generale, possiamo dire che, con il regime amministrato, la tassazione avviene quando i singoli strumenti vengono venduti: ci verranno dunque riconosciute le capital gains direttamente al netto delle tasse.

Inoltre, il broker si prenderà anche cura del corretto trattamento delle minusvalenze realizzate, cioè le perdite realizzate tramite l’acquisto e la vendita di investimenti finanziari. Infatti, il sistema fiscale italiano consente – in linea molto generale – di usare le minusvalenze per bilanciare le proprie plusvalenze.

A margine, andiamo a vedere brevemente il concetto di plusvalenza e di minusvalenza con un semplice esempio. A gennaio, Mario compra €100 di azioni della Juventus e €100 di azioni della Roma. Come spesso accade, la Juventus vince il campionato, mentre la Roma no. Nel nostro esempio, il valore delle due posizioni cambia: le azioni della Juventus ora valgono €120 e quelle della Roma €90. Se Mario vende solamente le azioni della Juventus (realizzando una plusvalenza), i suoi profitti realizzati saranno pari a €20. Al contrario, se Mario chiude entrambe le posizioni (realizzando sia una plusvalenza sia una minusvalenza), i suoi profitti realizzati saranno pari a €10.

Il regime dichiarativo

Mentre il regime amministrato può essere riassunto con un “fa tutto il broker”, il regime dichiarativo può essere riassunto con un “fa tutto l’investitore (o il suo commercialista)”. Infatti, chi sceglie questo regime deve assolvere a tutti gli adempimenti fiscali, calcolando e versando autonomamente le tasse nel rispetto delle scadenze previste dalle autorità.

Chiaramente il regime dichiarativo è più complesso e i costi aumentano se si opera molto frequentemente o si utilizzano vari conti per fare trading. In Italia, la maggior parte dei conti aperti presso broker stranieri va gestito in regime dichiarativo, anche se spesso i broker offrono dei servizi gratuiti per facilitare la gestione dei rapporti con il fisco. Infatti, secondo il sistema fiscale italiano, il regime del risparmio amministrato può essere offerto solamente da broker o banche che hanno una stabile organizzazione in Italia (come ad esempio un ufficio o una succursale).

Il regime gestito

Il regime gestito si chiama così perchè viene applicato a strumenti di risparmio gestito, cioè quando un investitore affida i propri soldi a un intermediario finanziario (ad esempio una banca) per investirli.

Il regime gestito è dunque simile al regime amministrato. Ma mentre il secondo è tipico delle soluzioni di investimento che consentono all’investitore di selezionare gli strumenti, nel regime gestito l’investitore delega anche la gestione del portafoglio.

Oltre a questa minore flessibilità, anche le tasse funzionano diversamente. Con il regime gestito, l’imposta sostitutiva viene applicata alla differenza fra il valore del portafogli alla fine e all’inizio dell’anno solare. Al contrario, come già detto, in assenza di minusvalenze, il regime amministrato prevede che la tassazione sia effettuata al momento del realizzo, ovvero della vendita dei singoli strumenti che compongono il portafogli.

Quale regime scegliere?

Come quasi sempre, non esiste una scelta che vada bene per tutti: ogni regime ha i suoi pro e contro.

Se non hai intenzione di fare trading, ma vuoi solamente investire a lungo termine (possibilmente in ETF) senza chiudere le tue posizioni per anni ed anni, queste considerazioni non sono molto importanti e probabilmente vorrai scegliere un broker con costi bassi, magari anche con sede all’estero.

Al contrario, per i piccoli risparmiatori che vogliono provare a fare trading, il regime amministrato consente di risparmiare tempo (e magari anche denaro), ma potenzialmente si rinuncia a qualche cosa dal lato dell’ottimizzazione fiscale.

Infine, per investitori che hanno grandi capitali (magari anche suddivisi su più conti di investimento) e forse anche un commercialista di fiducia, il regime dichiarativo può rappresentare una valida alternativa.