Piano Individuale di Risparmio (PIR): cos’è e come funziona

Piano Individuale di Risparmio (PIR)

Introdotto dalla legge di bilancio del 2017, il Piano Individuale di Risparmio (PIR) è un prodotto finanziario che ha come obiettivo di incentivare gli investimenti in aziende italiane. Come vedremo nei prossimi paragrafi, la normativa prevede tassazione zero sulle rendite dei PIR, a patto che l’investimento venga tenuto per almeno cinque anni.

In questo articolo andremo a scoprire cosa sono i PIR, quali sono i loro vantaggi e quali sono i potenziali rischi da tenere a mente.

Cos’è un Piano Individuale di Risparmio (PIR)?

Un Piano Individuale di Risparmio (PIR) è una tipologia di investimento a medio termine che si pone come obiettivo di incentivare gli investimenti in aziende italiane quotate in borsa, soprattutto in piccole e medie imprese. In questo modo si cerca di dare una spinta alla crescita economica del paese.

Un PIR, per essere considerato tale, deve soddisfare una serie di criteri stabiliti dalla normativa:

  • Vincolo di investimento: almeno il 70% del capitale totale deve essere investito in aziende con sede fiscale in Italia o in aziende con sede all’interno dello spazio economico europeo (SEE) che abbiano una presenza stabile in Italia.
      • Almeno il 30% di questa quota (che equivale al 21% del totale) deve essere investito in aziende che non fanno parte del FTSE MIB di Borsa Italiana (o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati).
  • Vincolo di concentrazione: non più del 10% del capitale totale può essere investito in una singola azienda.

Escludendo le aziende che fanno parte del FTSE MIB (il quale racchiude le azioni delle 40 società più grandi del nostro paese), la normativa cerca di indirizzare i risparmi verso le piccole e medie imprese. Anche queste aziende sono quotate su Borsa Italiana, ma in listini differenti (come ad esempio nei listini FTSE MidCap, Star o AIM Italia).

Come investire in un PIR?

I PIR possono avere diversi prodotti finanziari al loro interno, come ad esempio azioni, obbligazioni, ETF e conti depositi.

Il modo più semplice e comune per investire in un PIR consiste nel comprare delle quote di un “fondo PIR” emesso da una SGR (Società di Gestione del Risparmio), come per esempio Anima e Azimut. La SGR si assicura che il fondo sia “PIR conforme” e cioè che rispetti i criteri definiti sopra.

In alternativa, il risparmiatore ha anche la possibilità di crearsi un PIR da sé con un conto titoli. Date le molteplici regole da rispettare per qualificare il proprio investimento come PIR ed ottenere i relativi benefici fiscali, questa soluzione non è consigliabile alla maggior parte dei risparmiatori.

Chi può investire in un PIR?

I PIR sono dedicati esclusivamente alle persone fisiche, anche minori. Non è possibile sottoscrivere un PIR per conto di un’azienda o di altre entità giuridiche.

Ciascuna persona fisica può avere un solo PIR alla volta. Inoltre, l’investimento massimo per persona è di €30.000 l’anno e €150.000 complessivamente.

La tassazione dei PIR

I PIR hanno dei vantaggi fiscali non indifferenti. Le plusvalenze vengono tassate a zero, a patto che l’investimento venga mantenuto per almeno 5 anni. Questo è già di per sé un bel risparmio se si pensa che la tassazione su altri tipi di rendite finanziarie è del 26%.

Inoltre, i PIR sono esenti dalla tassa di successione (anche qualora non fossero decorsi i 5 anni).

I costi dei PIR

I PIR – se sottoscritti attraverso una SGR – hanno costi elevati, che vanno ad assorbire buona parte dei benefici fiscali. I costi principali sono le commissioni di ingresso (fino al 4% del capitale investito) e i costi di gestione annuali (solitamente tra l’1% e il 2%). 

Costi così elevati – che non hanno pari nei maggiori paesi industrializzati – sicuramente non aiutano la crescita del mercato dei capitali italiano. In tutto il mondo il sistema finanziario sta attraversando un processo di digitalizzazione e disintermediazione, il che porterà (prima o poi anche in Italia) a prezzi più bassi e ad una maggiore trasparenza.

Vantaggi e svantaggi dei PIR

Il principale vantaggio dei PIR consiste nell’esenzione fiscale applicata alle rendite.

Come abbiamo visto, ci sono anche alcuni potenziali svantaggi e rischi da tenere in considerazione prima di sottoscrivere un PIR. Per semplicità li riassumiamo qui di seguito:

  • Vincolo di 5 anni per ottenere l’esenzione fiscale: i redditi derivanti dal PIR vengono esentati da imposte solo se l’investimento viene mantenuto per almeno 5 anni.
  • Costi elevati: si finisce per pagare commissioni superiori a quelle di altre tipologie di investimento.
  • Diversificazione limitata: per definizione i PIR comportano un’elevata concentrazione in titoli di aziende italiane. Ciò espone al cosiddetto “rischio Italia”, ovvero al rischio di una limitata diversificazione geografica. Per questo motivo consigliamo ai risparmiatori di dedicare ad un PIR non più di una piccola parte dei propri risparmi.

I PIR alternativi: una soluzione per investire in aziende ancora più piccole

I PIR alternativi, introdotti nel 2020, hanno caratteristiche che li distinguono dai PIR “tradizionali” di cui abbiamo parlato finora. I PIR alternativi possono essere sottoscritti da persone fisiche in aggiunta ad un PIR tradizionale.

Questi strumenti sono stati creati con l’obiettivo di indirizzare gli investimenti verso imprese di medie e piccole dimensioni, anche quelle non quotate in borsa.

Vediamo di seguito i principali punti distintivi dei PIR alternativi:

  • Vincolo di investimento: almeno il 70% del capitale deve essere investito in aziende con sede fiscale in Italia o in aziende con sede all’interno dello spazio economico europeo (SEE) che abbiano una presenza stabile in Italia e che non facciano parte né del FTSE MIB né del FTSE MidCap. Escludendo questi due indici, che contengono le 100 più grandi aziende italiane per capitalizzazione, restano a disposizione dell’investitore solamente le PMI.
  • Vincolo di concentrazione: non più del 20% del capitale totale può essere investito in una singola azienda.
  • Investimento massimo: fino a €300.000 l’anno e €1.500.000 complessivamente per persona.

Considerazioni finali

L’idea di incentivare le famiglie italiane a investire i propri risparmi in aziende del nostro paese è sicuramente positiva e può contribuire a dare un’accelerazione alla crescita economica. Da una parte si crea l’abitudine all’investimento dando benefici fiscali, e dall’altra si invogliano più PMI ad andare in borsa. Però, come detto in precedenza, ci sono anche delle note negative che vanno valutate prima di sottoscrivere un PIR.